mercoledì 22 aprile 2015

Una decisione drastica, di Sauro Nieddu

Una decisione drastica


Mi dispiace, continuava a ripetere Elena, mi dispiace. Mi dispiace.

La cosa più tragica, per Aldo, era che non riusciva ad arrabbiarsi con lei. Distolse lo sguardo dalle sue lacrime, dai capelli scarmigliati, dalla disperazione che echeggiava nella sua voce. Al suo sguardo però mancava un porto sicuro dove approdare. La stanza parlava di loro come coppia fin nel suo più insignificante componente. Quella stanza era, in effetti, la loro vita di coppia.

Così lo sguardo faticava a posarsi sulla mensola del camino dove il candeliere ricavato da una vecchia molla di materasso, irrideva le speranze per il futuro di una ex giovane coppia. Lo sguardo fuggiva il divano, che avevano scelto assieme ma che a lui non era mai piaciuto, e la chitarra poggiata al bracciolo; ormai era diventata una suppellettile d’arredamento, e gli pareva assurdo che quell’oggetto, sotto il tocco delle sue dita, avesse intrattenuto tante serate, tanto tempo prima, gli pareva impossibile che lui fosse stato capace di trarne dei suoni e che la voce di Elena avesse accompagnato, senza troppa grazia ma con impegno, quei suoni. Perfino la ragnatela all’angolo, proprio sopra la libreria, parlava della loro vita. Ne parlava al passato.

Aldo non era in grado di provare rabbia perché sapeva che sarebbe potuto capitare anche a lui. Nonostante continuasse ad amare Elena come il giorno che si erano sposati, era andato vicino a lasciarla, qualche anno prima, per Carla. Non era successo, ed Elena non ne aveva mai saputo niente. Lui aveva resistito a quell’impulso, lei no. Questo sarebbe stato sufficiente a odiarla, ma non lo era. Forse la passione che si era impadronita di sua moglie era più coinvolgente di quella che aveva afferrato lui, forse era Elena a essere più debole. Non aveva importanza. Sapeva che lui stesso era stato sul punto di cedere e sarebbe bastato così poco perché lo facesse… perciò Elena non era salda quanto lui; lo aveva sempre saputo, quindi si poteva dire che fosse tutto normale. Insomma, se lui era riuscito a malapena, figurarsi lei.

Mi dispiace, e questo fu l’ultimo. Lei gli voltò le spalle e uscì. Martina e Sofia, con i loro vestitini svolazzanti e la loro irreprensibile ignoranza di ciò che stava accadendo, lo avevano già salutato, e ora attendevano la madre sulla Toyota di Paolo, assieme ai loro bagagli. Aldo si accostò alla finestra e attraverso la tendina di pizzo vide Elena uscire dallo stabile e introdursi nella Toyota. Poi la macchina emise uno sbuffo dal tubo di scappamento, partì e fu tutto finito.

Aldo aprì tutti e quattro i fornelli, senza naturalmente accenderli, e si stese sul divano. Per quanto avesse agito con leggerezza, qualcosa nella sua mente dovette percepire che il momento era topico, e come fa sempre la mente quando si trova davanti a un nodo cruciale della vita, incominciò a sragionare.

Si accorse, dunque, che la partenza di Elena non era in realtà niente di grave. Da tempo lui non la amava più. La amava, cioè, per una specie di senso del dovere, ma l’amore vero è un'altra cosa. La stessa cosa poteva dirsi per le bambine. Non poteva cercare sollievo nel lavoro, o negli hobby, perché in realtà, per quanto se ne accorgesse solo in quel momento, lui detestava il proprio lavoro, e gli hobby, di quelli non gliene fregava proprio niente, erano solo diversivi che portavano via il tempo consentendogli di sopportarlo. Le uscite con gli amici… idem, ma quando mai li aveva considerati realmente amici? La sua vita era una somma di abitudini consolidate che nell’intrecciarsi davano luogo a una routine che simulava la vita come sarebbe dovuta essere. Perché di certo lui non poteva definirsi davvero vivo, era un robot programmato dalla quotidianità.

Questo pensiero, quasi fosse un’illuminazione, gli fece aumentare per un attimo i battiti, poi, quasi all’istante, rendendosi conto della banalità dei suoi pensieri, sentì un’onda di disgusto verso se stesso che lo avvolgeva completamente. Come poteva pretendere, lui che non era realmente vivo, di avere pensieri originali? Sì alzò nervosamente dal divano e andò in cucina a chiudere il gas, non sopportava l’idea di andarsene portandosi appresso, come ultimo ricordo, il puzzo nauseabondo del Gpl.

Ok, avrebbe cercato una donna che lo aiutasse nelle pulizie domestiche e gli facesse trovare i pasti pronti. Per il sesso se la sarebbe cavata con una prostituta, una volta al mese ‒ così andava con Elena, negli ultimi tempi ‒ sarebbe stata adeguata. Per il resto avrebbe potuto continuare esattamente come prima. La sua vita non esisteva più, inglobata dalla routine, e la routine, ora se ne rendeva conto, non aveva certo bisogno di una famiglia.

O forse… forse gli ultimi avvenimenti erano un’opportunità di resurrezione, un avvenimento cosmico che fino a quel momento aveva mal valutato. Un’occasione per districare se stesso dall’abitudine e far risorgere la propria vita, sentirsi nuovamente vivo. Un altro dubbio prese immediatamente forma nella sua mente. Lui sarebbe stato in grado di liberarsi delle abitudini, o ci era troppo invischiato? Che cosa avrebbe fatto per allontanarsi da quella vita-non vita in cui si trascinava? Che cosa sarebbe voluto essere in una vita davvero degna di essere vissuta?

Aldo rimase immobile sul divano a rifletterci per svariate ore, poi all’improvviso prese la sua decisione. Nonostante fosse ottobre inoltrato e la temperatura esterna tutt’altro che mite, si spogliò nudo e uscì da casa. Viveva in periferia, praticamente in campagna, e alle undici di notte nessuno lo vide dirigersi verso il fiume. Una volta lì, ormai sicuro di voler passare il resto della propria vita da pesce, si tuffò nell’acqua gelida del fiume. Appena si trovò sommerso provò un attimo di panico: non aveva pensato a che razza di pesce sarebbe stato. La soluzione però arrivò quasi subito e con essa svanì l’attimo di panico. In forma di anguilla Aldo raggiunse il fondo fangoso del fiume e, strisciando tra le alghe, cominciò la sua discesa verso il mare.

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